O lo si ama o lo si odia, senza mezze misure. Per alcuni è un ingrediente fondamentale in cucina, per altri è solo un indigeribile produttore di odore pestilenziale. Sto parlando dell’aglio (Allium sativum) pianta bulbosa della famiglia delle Alliaceae. È coltivato in molti paesi del globo, ma a far la parte del leone è la Cina, che con i suoi undici milioni di tonnellate di aglio prodotti nel 2005 copre piú del 75 per cento della produzione mondiale. Seguono l’India e la Korea Le sue origini sono incerte, ma è sicuro che già i Sumeri, gli Egizi e gli Indiani consumassero aglio più di 4000 anni fa. È addirittura citato nel vecchio testamento come uno dei cibi di cui gli ebrei sentivano la mancanza durante la traversata del deserto: “Ci ricordiamo dei pesci che mangiavamo in Egitto gratuitamente, dei cocomeri, dei meloni, dei porri, delle cipolle e dell’aglio.” (Numeri, XI, 5)L’aroma e il sapore caratteristico dell’aglio, così come degli altri appartenenti alla stessa famiglia –lo scalogno, la cipolla, l’erba cipollina e il porro– sono dovuti ad una serie di molecole contenenti lo zolfo. Nel caso dell’aglio la molecola maggiormente responsabile è l’Alliina, ma non direttamente, poiché questa è completamente inodore e insapore.
Un vecchio quesito filosofico chiede: “un albero che cade in una foresta fa rumore se non c’è nessuno che lo sente?” Parafrasandolo, possiamo chiederci se uno spicchio d’aglio non schiacciato ha il sapore dell’aglio, e la risposta è no. Questo perché per produrre il caratteristico odore di aglio fresco è necessario che intervenga un enzima, la alliinase, che trasforma la alliina in allicina, dall’inconfondibile aroma antivampiro. In un bulbo sano questo enzima è confinato nei vacuoli delle cellule: piccole sacche contenenti svariate sostanze utili alla cellula, mentre l’alliina è tenuta separata, dispersa nel citoplasma. Quando schiacciamo o tagliamo uno spicchio d’aglio, danneggiamo le cellule e permettiamo all’enzima di venire a contatto con l’alliina e di compiere quindi il suo dovere. La quantità di allicina prodotta dipende quindi da quanto “danneggiamo” il tessuto cellulare, ed è per questo che in alcune ricette viene richiesto l’aglio schiacciato e sminuzzato, dall’aroma fortissimo come nella bagna cauda, oppure semplicemente tagliato in due o tre pezzi, dall’odore molto meno intenso.
L’allicina si degrada rapidamente, generando moltissime altre molecole, per cui dovendo usare dell’aglio fresco è sempre meglio prepararlo al momento (ho vissuto negli USA per un certo periodo, e mi stupivo di come laggiù, nei supermercati, molte persone comperassero l’aglio già tritato. Dell’aroma dell’aglio appena schiacciato aveva solo il ricordo). Il nostro enzima antivampiro lavora bene a temperature attorno ai 37 gradi. Ad alte temperature, o in ambiente molto acido, perde di efficacia, e quindi non è più in grado di produrre l’alliicina. Questo è il motivo per cui alcune ricette chiedono di far bollire gli spicchi d’aglio interi in acqua o nel latte: in questo modo l’enzima viene completamente disattivato, e negli spicchi si formano delle sostanze dall’aroma e sapore diverso e meno forte di cui la principale è il disolfuro di allile. È questa la molecola che conferisce il caratteristico odore di “aglio cotto”. Quindi se alcune ricette chiedono di utilizzare gli spicchi d’aglio interi, addirittura a volte ancora nella loro camicia, non vi azzardate a schiacciarli: in questo modo il sapore dell’aglio risulterà addolcito e meno pungente perché l’allicina non può formarsi. Si formeranno invece anche svariate sostanze dolciastre. Uno studio del 1993 ha mostrato come durante i vari processi di cottura dell’aglio (arrostito, bollito, fritto, cotto al microonde e così via) si generano fino a 41 diverse molecole che contribuiscono in misura diversa all’aroma finale. Per gli amanti del genere: la cottura a microonde e’ assimilabile alla cottura in forno a 180 gradi.
Dopo la scorpacciata di aglio, le conseguenze cominceranno a farsi sentire. Sull’alito ma anche dalla traspirazione della pelle. Per mitigare questi effetti c’è chi suggerisce di masticare qualche chicco di caffè, o un poco di prezzemolo. Questi suggerimenti mirano solamente a mascherare l’odore con un aroma ancora più forte. E’ possibile trasformare le sostanze solforate ancora presenti nella vostra bocca in sostanze inodori, ad esempio mangiando dei frutti freschi ricchi di enzimi ossidanti come le mele. Ma in realtà c’è ben poco da fare: una volta raggiunto lo stomaco l’aglio è fuori dalla nostra portata, e l’unico rimedio è… il tempo. Le conseguenze Dopo aver preparato l’aglio per le vostre ricette, per quanto possiate apprezzarlo, arriva anche il difficile compito di toglierne l’odore dalle mani. Ogni cuoco ha il suo metodo preferito: c’è chi strofina sulle dita del limone o dell’aceto, chi del sale bagnato e del prezzemolo. Chi addirittura del dentifricio. Solitamente questi metodi non sono totalmente efficaci. Accanto a questi rimedi della nonna, negli ultimi anni se ne è aggiunto uno più High-Tech: la “saponetta d’acciaio”. Si tratta di un pezzo di acciaio a forma di saponetta venduto in molti negozi di utensili per cucina. A quanto pare strofinandosi le mani sotto acqua fresca corrente, come se fosse una normale saponetta ma senza aggiungere del sapone, si elimina l’odore di aglio, di cipolla, e di pesce dalla nostra pelle. Un possibile meccanismo di funzionamento
Quale sia il meccanismo chimico o fisico in gioco non è chiaro. A dire il vero c’è anche chi dubita dell’efficacia di questo nuovo gadget da cucina. Un meccanismo plausibile che ho letto potrebbe essere questo: l’acciaio inossidabile è tale perché contiene del cromo, in percentuale solitamente superiore al 12 per cento. Sulla superficie del pezzo di acciaio, il cromo reagisce con l’ossigeno e forma una sottile patina di ossido, proteggendo il ferro e impedendogli di arrugginire. Questa patina non è particolarmente resistente. Si riforma però molto rapidamente quando lo strato di ossido viene asportato, ad esempio graffiandolo. Lo strato di metallo sottostante viene esposto, e reagendo di nuovo con l’ossigeno riforma la pellicola. In carenza di ossigeno la patina protettiva non riesce a formarsi (anche del normale sale da cucina è in grado di intaccare la patina di ossido protettivo, ed è per questo che qualcuno, per non rovinare le pentole di acciaio, suggerisce di aggiungere il sale all’acqua solo pochi secondi prima di buttare la pasta. Ma questa è un’altra storia….) Sotto acqua corrente, quindi in carenza di ossigeno, i composti contenenti lo zolfo di Aglio e Cipolla sono in grado di trasferirsi dalla pelle al metallo non più protetto, per poi venire lavati via. Se siete scettici potete decidere voi stessi la prossima volta che maneggerete dell’aglio. Di sicuro non avete bisogno di spendere neanche un euro per fare l’esperimento: andando a leggere il brevetto si scopre che è normale acciaio inossidabile, lasciato un po’ “grezzo”. In particolare il brevetto sostiene che gli acciai con le migliori caratteristiche antiodore sono quelli denominati 1.4301 e 1.4571. Sono acciai con un contenuto di Cromo dal 16 al 18 per cento e di Nickel dall’8 al 13 per cento. È molto probabile che il vostro lavello o dei normali cucchiai da minestra abbiano una composizione simile. Nel mio caso l’acciaio del lavello pare funzionare egregiamente, strofinandomi le mani sotto l’acqua fredda corrente dopo aver preparato manipolato l’aglio l’odore scompare. Tanto non credo ai vampiri… http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2007/05/31/lo-scacciavampiri/ |