IL CASO. MONTESILVANO. «Perché gli altri bimbi vanno all’asilo ed io no?». E’ questa la domanda che Andrea (nome di fantasia), un bimbo di 5 anni, affetto sin dalla nascita da una grave forma di allergia, fa da un po' di tempo a suo nonno.
E dal prossimo anno, forse, c’è il rischio che debba rinunciare alla scuola elementare perché né Comune, né Asl possono assicurargli un’assistenza infermieristica costante, quella che spetterebbe ad un bimbo nelle sue condizioni. I genitori le hanno provate davvero tutte (la mamma è stata costretta a sacrificare il lavoro per assistere il piccolo all’asilo) ma le istituzioni (dal direttore didattico, al sindaco di Montesilvano, al direttore della Asl di Pescara) hanno sempre risposto picche: «non è di nostra competenza». Ora però la famiglia del piccolo Andrea ha deciso di fare pugno di ferro e lo scorso 20 settembre hanno fatto ricorso al tribunale contro la Asl di Pescara. «Quando Andrea è nato», racconta la mamma con un filo di voce, «ci siamo subito accorti che aveva problemi ma ci hanno parlato di dermatite atopica. Solo dopo, a quattro mesi, abbiamo scoperto che il piccolo era allergico a latte, uova, frutta secca e derivati». Non ci è voluto molto perché mamma e papà si rendessero conto che il problema andava ben oltre una semplice allergia. «Presto gli hanno diagnosticato anafilassi da alimento», continua la donna, «una malattia in grado di procurargli shock anafilattico per il semplice contatto con una persona che abbia mangiato l’alimento “incriminato”. Non appena toccava un qualcosa che avesse a che fare con i cibi proibiti, gli si gonfiavano gli occhi, il volto, e faceva fatica a respirare. Una volta è successo mentre eravamo in macelleria. All’odore del formaggio mio figlio ha cominciato ad annaspare e a gonfiarsi. Lui ha 4 anni ed ha già avuto 3 shock». Presto sono iniziati anche i problemi con l’asilo. Alla richiesta dei genitori di avere con un infermiere che potesse seguire passo passo il piccolo, sorvegliandolo e soccorrendolo in caso di necessità, «il direttore didattico della scuola materna “De Zelis” ha fatto spallucce dicendo che mancavano soldi e che avrebbe sottoposto il caso al sindaco di Montesilvano». «Di qui è iniziato un rimpallo di responsabilità tra Comune ed Asl», continua la mamma, «il sindaco Pasquale Cordoma ha scritto al direttore dell’Asl di Pescara Claudio D’Amario il 23 giugno chiedendo un’adeguata assistenza (infermieristica) per mio figlio durante le ore scolastiche. Ma la risposta è stata deludente». Nel carteggio Cordoma-D’Amario, infatti, il sindaco si appella a due sentenze (quelle del tribunale di Roma 2279/2002 e del tribunale di Ancona 227/2005) secondo cui «il servizio sanitario pubblico non può esimersi dal proprio dovere di assicurare prevenzione e sostegno ai singoli individui». D’Amario a stretto giro risponde che spetta alla scuola occuparsi dell’assistenza del piccolo, come dice la circolare del 25/11/2005 del Ministero dell’Università e Ricerca scientifica secondo cui «tra i compiti dei dirigenti scolastici c’è quello di permettere a genitori o loro delegati la somministrazione dei farmaci ai bambini o di individuare gli operatori scolastici in servizio (purchè questi abbiano seguito corsi di pronto soccorso) che possano garantire la continuità di somministrazione farmaci». «Alla Asl», conclude D’Amario, «spettano compiti residuali come l’ addestramento del personale scolastico, al primo soccorso». Morale della favola: nessuno si è assunto la responsabilità del caso e la mamma del piccolo Andrea ha rinunciato al lavoro per assistere il figlio all’asilo. «Io sono fortunata», continua la donna, «sono impiegata nell’azienda di mio padre e lui mi ha permesso di assentarmi per fare da infermiera a mio figlio. Andrea è in classe con 19 bambini ed il rischio è sempre in agguato. Per questo porto sempre con me adrenalina auto iniettante che nel caso di shock può tamponare la situazione in attesa di un soccorso medico. Abbiamo fatto causa alla Asl di Pescara e giovedì prossimo avremo l’udienza. Chiediamo che il nostro piccolo possa frequentare l’ultimo anno di asilo assistito da un infermiere, come prevede la legge. Il nostro», conclude amareggiata, «non è l’unico caso qui a Montesilvano ma il quarto. So di una mamma che stava fuori dal corridoio durante le ore scolastiche per assistere il piccolo, un padre era libero professionista ed ha rinunciato al lavoro per dedicarsi al suo bambino». «Fin dove si spingerà la nostra classe politica o dirigenziale», interviene il nonno del bimbo, «cosa fanno per ovviare a queste assurde ingiustizie? Non possono rinunciare ad una piccola parte del loro premio di risultato, (un aumento di stipendio pari al 10 %, poi portato al 20%) che spetterebbe a D’Amario per aver gestito al meglio la Asl nei primi 18 mesi di attività, e dare un segno di civiltà a chi soffre?». |