Recupero Energetico

Gli inceneritori sono impianti principalmente utilizzati per lo smaltimento dei rifiuti mediante un processo di combustione ad alta temperatura (incenerimento) che dà come prodotti finali un effluente gassoso, ceneri e polveri.

Negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento). Questi impianti con tecnologie per il recupero vengono indicati col nome di inceneritori con recupero energetico, o più comunemente termovalorizzatori.

Impianto di incenerimento sito nell'area diForlì , capace di trattare 18 t/h di rifiuti domestici.
Inceneritore di Vienna, decorato daFriedensreich Hundertwasser, collegato ad una rete di distribuzione di calore.
Inceneritore di Thun situato nei pressi dell'omonimo lago nel cantone di Berna.

Il termine termovalorizzatore, seppur di uso comune, è talvolta criticato in quanto sarebbe fuorviante. Infatti, secondo le più moderne teorie sulla corretta gestione dei rifiuti gli unici modi per "valorizzare" un rifiuto sono prima di tutto il riuso e poi ilriciclo, mentre l'incenerimento (anche se con recupero energetico) costituisce semplice smaltimento ed è dunque da preferirsi alla sola discarica di rifiuti indifferenziati. Si fa notare che il termine non viene inoltre mai utilizzato nelle normative europea e italiana di riferimento, nelle quali si parla solo di "inceneritori".[1][2][3]

http://it.wikipedia.org/wiki/Inceneritore


Problematiche sanitarie

Gli aspetti sanitari relativi alle ricadute sulla popolazione di una data attività umana non possono essere valutati solamente sulla base dei valori di emissione al camino (o allo scarico per inquinanti liquidi). In altri termini, fra i valori di emissione e l'effetto sulla salute possono inserirsi altri fattori, direttamente influenzati dalle emissioni ma intermedi fra "emissione" e "salute". Tali inquinanti "intermedi" sono detti inquinanti secondari per distinguerli dagli inquinanti primari direttamente emessi dagli impianti. Risulta ad esempio noto dalla chimica ambientale che alcuni inquinanti di estrema importanza per la salute sono inquinanti secondari (come l'ozono, non prodotto dalla combustione ma generato dall'interazione fra inquinanti primari derivati dalle combustioni e radiazione solare).

Un approccio sanitario completo deve (o dovrebbe) quindi valutare anche gli inquinanti secondari, cosa però molto difficile in pratica. Anche per questo motivo ci si limita pertanto agli inquinanti primari (facilmente rilevabili in quanto misurabili al camino o allo scarico) e, per gli inceneritori, le indagini considerano in primis le diossine ed i metalli pesanti.

A proposito dei dati, appunto strettamente sanitari, si rileva anche il fatto che gli stessi dati epidemiologici per loro natura possono sottostimare o fallire nel rilevare il rischio reale. Il problema è complesso; sull'errore influisce una buona dozzina di fattori, metodologici o no. Se ne segnalano i principali.

  • Alcune metodiche di studio in genere congelano una data situazione anziché seguirla nel tempo, processo lungo e costoso (cross-sectional vs longitudinal epidemiologic studies);
  • si focalizzano su un determinato agente causale trascurando interazioni e sinergie tra i contaminanti;
  • si focalizzano solo su una specifica determinata patologia, magari per direzioni impartite dal committente;
  • fanno uso di statistica univariata e non di quella multivariata, di approccio in genere più ostico.
  • Bisogna considerare anche l'individuazione corretta della popolazione esposta;
  • la possibilità che la popolazione generale sia meno sana di quella in studio.

Anche per questo aspetto si può rappresentativamente citare un lavoro di Lorenzo Tomatis, già direttore IARC e punto di riferimento internazionale sugli aspetti sanitari e ambientali.[53]

Studi epidemiologici

Son stati effettuati numerosi studi per analizzare l'incidenza di tumori nei dintorni di impianti di incenerimento. I risultati sono al momento ancora contrastanti.

Studi epidemiologici, anche recentissimi, condotti in paesi sviluppati e basati su campioni di popolazione esposta molto vasti, evidenziano una correlazione tra patologie tumorali (sarcoma) e l'esposizione a diossine derivanti da inceneritori e attività industriali.[54]

Altre indagini epidemiologiche prendono in particolare considerazione gli inceneritori come fonte d'inquinamento da metalli pesanti, ed eseguono accurate analisi considerando sia fattori socio-economici sia le popolazioni esposte nelle precise zone di ricaduta (mappe di isoconcentrazione tracciate per rilevamento puntuale e interpolazione spaziale col metodo di kriging). L'analisi, accurata pur se limitata solo ad alcune popolazioni, evidenzia inequivocabilmente aumenti statisticamente significativi di patologie tumorali, ad esempio nelle donne residenti in zona da almeno cinque anni. Nello studio viene ugualmente rilevata l'esposizione ad ossidi di azoto (NOx).[55]

Un lavoro giapponese del 2005 ha tentato di mettere in relazione le diossine presenti nel latte materno con la distanza dagli inceneritori. Le conclusioni sono state che (nei limiti e nell'estensione dello studio) «nonostante gli inceneritori fossero la maggior fonte di diossine in Giappone al momento dello studio, i livelli di diossine nel latte materno non hanno mostrato apparente correlazione con le distanze tra il domicilio delle madri e gli inceneritori di rifiuti».[56]

Un'analisi sintetica degli effetti sulla salute, svincolati dalla sola analisi dei singoli composti emessi – difficilmente studiabili se non in toto per gli effetti sinergici e di amplificazione dei componenti della miscela –, si può invece evincere da alcuni altri lavori: sempre in Giappone si è rilevata correlazione tra l'aumento di una serie di disturbi minori nei bambini e distanza dagli impianti.[57] Passando a problemi di ordine maggiore, si sono rilevati aggregati (cluster) di aumento di mortalità per linfoma non Hodgkin;[58] altri studi, nonostante difficoltà relative all'analisi dei dati, aggiungono risultati significativi sull'incidenza di tumore polmonare, linfoma non Hodgkin, sarcomi ai tessuti molli, tumori pediatrici, malformazioni neonatali.[59] Diversi studi europei rivelano, sempre nell'ambito delle patologie tumorali, correlazioni con la presenza di inceneritori, in coerenza con analoghi studi precedenti.[60]

Ma, in questo ambito, gli studi sono controversi e discordanti: a titolo di esempio uno studio effettuato in Gran Bretagna, con lo scopo di valutare l'incidenza di varie tipologie di cancro in una popolazione che vive in prossimità di impianti di incenerimento, ha evidenziato che il rischio aggiuntivo di contrarre il cancro dovuto alla vicinanza degli inceneritori è estremamente basso. Sempre lo stesso studio rileva che un moderno inceneritore influisce sull'assorbimento umano medio di diossina in percentuale inferiore all'1% dell'assorbimento totale derivato dall'insieme delle emissioni ambientali (come precedentemente rilevato l'assorbimento di diossina avviene principalmente con la dieta). Inoltre, riguardo a specifiche patologie tumorali, lo studio afferma che non c'è evidente correlazione tra l'esposizione alle emissioni degli inceneritori e l'incidenza di cancro allo stomaco, all'apparato gastrointestinale e ai polmoni; i fattori socio-economici hanno un ruolo determinante. Sull'incidenza dell'angiosarcoma, lo studio in questione evidenzia che non è possibile effettuare alcuna correlazione a causa della mancanza di informazioni sull'accuratezza della diagnosi effettuata sulla popolazione generale; comunque la commissione di studio è giunta alla conclusione che non c'è alcuna prova più generale dell'esistenza di aggregati e non sono necessari ulteriori studi nel breve termine.[61] Sempre in Gran Bretagna, nel 2008 la British Society for Ecological Medicine (BSEM) ha pubblicato uno studio[62] avente l'obiettivo di riassumere i risultati dei principali studi epidemiologici e dimostrare gli effetti nocivi degli inceneritori sulla salute. Tale studio è stato ampiamente criticato dall'Health Protection Agency britannica che ha accusato la BSEM di aver utilizzato per le sue conclusioni solamente gli studi scientifici con risultati favorevoli alle conclusioni volute, tralasciandone altri con opposte vedute[63].

Sull'effetto dei metalli pesanti dispersi dalla combustione di rifiuti pericolosi sulla salute della popolazione si rileva che le emissioni non si limitano alle sostanze aerodisperse, ma possono riguardare anche le acque o i siti di stoccaggio delle ceneri.[64]

Uno studio britannico ha analizzato la distribuzione del piombo e cadmio derivato dalle emissioni di polveri sottili di un inceneritore per fanghi di depurazione evidenziando che nelle adiacenze dell'inceneritore si rilevano picchi maggiori di concentrazione, seppure l'impatto sia relativamente piccolo rispetto alle altre attività antropiche nella zona oggetto di studio.[65]

In Italia, negli anni 2001-2004, è stato commissionato dal Ministro dell'Ambiente Altero Matteoli uno studio sulla Sostenibilità ambientale della termovalorizzazione dei rifiuti solidi urbani, svolto dal dipartimento di Fisica tecnica dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" e dal dipartimento di ingegneria impiantistica dell'Università di Perugia. Secondo i resoconti della Commissione Ambiente e Territorio dell'epoca[66] «la tecnologia di termovalorizzazione è ormai affidabile e sostenibile, [...] Inoltre, quando gli impianti sono a norma, i rischi di insorgenze di malattie tumorali nella popolazione sono stati abbattuti drasticamente. [...] i rischi di carattere sanitario connessi alla realizzazione di termovalorizzatori di ultima generazione sono assolutamente trascurabili».

Tale studio è stato criticato sia in Commissione, sia da soggetti esterni[67] che hanno rilevato come esso trascuri completamente le problematiche ambientali e non specifichi quali siano i parametri e indicatori di tale compatibilità ambientale di tali impianti.


Ecco il rapporto 2007 sulla richiesta energetica di milano e provincia

Studio ministeriale sulla sicurezza degli approvvigionamenti energetici


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